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Caso Grillo-Farage: dov’è il dibattito interno al M5S?

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(di Paolo Margari)

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Composizione del MELD nella VII eurolegislatura conclusa nel 2014.

Composizione del MELD nella VII eurolegislatura conclusa nel 2014. Fonte: Wikipedia.

Cresce il dibattito interno al M5S sull’opportunità – o meno – che i 17 eurodeputati eletti con il MoVimento si iscrivano al MELD, il gruppo parlamentare europeo di cui fa parte un altro pezzo forte della politica europea, l’UKIP di Nigel Farage, fresco di una storica vittoria nel Regno Unito. Farage è uno che non crede nell’Unione Europea. Non vuole un altro modello di Europa, semplicemente non vuole averne niente a che fare. 

Ho vissuto due anni in Inghilterra e lavoro da cinque per un ente britannico. Di fronte ai miei colleghi mi vergognerei di dire che faccio parte di un’organizzazione politica che ha stretto un’alleanza con l’UKIP e non accetto che gli scribacchini digitali di Casaleggio siano scatenati per cercare in tutti i modi di far passare il leader populista britannico per un salvatore della patria per convincere migliaia di boccaloni grillini attribuendo qualsivoglia voce fuori dal coro (tante a dire il vero) agli oppositori. Farage sicuramente non ha tutti i torti, ma a prescindere dal merito della vicenda, quello che non mi piace è il METODO

Che relazione ha Beppe Grillo con il M5S e dunque che titolo ha per parlare a nome di tutti – anche di chi, da come me, è attivista nei Meetup dal lontano 2006 – se è vero, come afferma, che non ha cariche da cui dimettersi?

Sia chiaro, io non sono fra coloro che vogliono Grillo lontano dal M5S anzi, ritengo che senza Grillo il M5S non ci sarebbe mai stato e, qualora se ne andasse oggi, si andrebbe a dissolvere. Ma il M5S non è solo Grillo (il quale peraltro aveva promesso che in caso di magro risultato elettorale se ne sarebbe andato, ma è rimasto imperterrito al suo posto). Il M5S una realtà politica inedita, innovativa e complessa che merita maggiore attenzione nel suo interno, soprattutto in fasi delicate come questa. A che titolo Beppe Grillo incontra un leader politico estero per formalizzare un accordo fondamentale per la futura collocazione del MoVimento nello scacchiere politico europeo?

Il M5S non deve essere un partito-azienda che diventa democratico solo quando si tratta di giustificare decisioni scomode come le espulsioni. La politica non si fa con i memi jpg sparati nei tanti blog della rete ‘aziendale’ con titoli ad effetto e condivisi da migliaia di boccaloni. La politica interna a una forza politica ha bisogno di luoghi di decisione in cui si manifesta un dialogo anche forte, che può perdere pezzi per strada se necessario, ma aiuta a costruire un’idea sino ad oggi rimasta molto vaga, proclami e slogan a parte. Non mi si venga a dire che questo è il metodo dei vecchi partiti, perché i partiti oggi non esistono più e qualora esista qualcosa di assimilabile, sappiamo quale è il reale peso di un tesserato rispetto a un capocorrente. La politica è scelta, la scelta è tanto più forte e valida quanto più informata e l’informazione, a maggior ragione in una realtà che vuole partire dalla rete, non può essere unidirezionale, ma deve necessariamente aprirsi a tutte le possibilità. Grillo deve accettare punti di vista ostili. Sino ad oggi è accaduto solo sul caso della depenalizzazione del reato di clandestinità (voto online in cui la linea del senatore Buccarella, firmatario del provvedimento incriminato da Grillo, ha prevalso, tant’è che il tutto a qualcuno è sembrato una montatura per dare l’idea che un minimo di democrazia interna esista).

La persuasione operata tramite il blog senza possibilità di contraddittorio: Farage è buono, i Verdi no.

La persuasione operata tramite il blog (post del 30 maggio 2014) senza possibilità di contraddittorio: Farage è buono, i Verdi no.

Il dibattito di questi giorni fa capire drammaticamente come il M5S non abbia – ancora – uno strumento serio e valido di dibattito interno e un canale di dialogo fra iscritti e coloro i quali decidono la linea politica, anche solo scegliendo i post sul blog che, sebbene canale di comunicazione di un soggetto privato, rappresenta tutto il M5S senza possibilità di dissenso. Provate a contattare il M5S attraverso il form contatti ufficiale: tranne rari casi operativi, non vi risponderà mai nessuno e spesso lo stesso form non funziona. Tutto ciò non è serio.

E’ vero che fuori esiste un sistema dell’informazione in gran parte ostile, e nell’ecosistema digitale è pieno di troll (disturbatori stipendiati) dai quali bisogna difendersi, ma queste non sono scuse per chiudere le porte a un dibattito interno che sia perenne e non riguardi solo vicende marginali di quartiere (come accade nei Meetup) ma anche scelte strategiche che andranno a determinare il futuro politico di un quinto degli elettori italiani che si riconoscono in questa parte politica, ormai non più un collettore di protesta, ma un importante laboratorio di proposta alternativa allo status quo.

Blog di Grillo il 30 maggio 2014

E’ questo il blog di Grillo che era fra i 50 media web più influenti al mondo nel 2008? Oggi si vede solo informazione politica a senso unico e gossip mediatico con foto “ad effetto” e attacchi ai detrattori (screenshot di beppegrillo.it del 30 maggio 2014).

C’è un limite a tutto. Se è vero che uno vale uno e la rete (degli iscritti) è centrale nei processi decisionali interni, lo si faccia anche adesso, a maggior ragione in un momento delicato in cui non è il caso di mostrare i muscoli a margine di un risultato elettorale al di sotto le aspettative generate dallo stesso leader.

In merito alla collocazione europea non è solo il caso di Nigel Farage – certamente preferibile ad altri eurodeputati sotto molti aspetti, ma pur sempre leader del partito nazionalista britannico, anti-europeista da sempre – ma il gruppo a cui Grillo aspira ad iscrivere i 17 eletti (nessuno dei quali fiata, ovviamente) comprende altri pazzoidi riciclati della politica europea. In Italia ad esempio, oltre alla Lega Nord su cui non spendo parole, c’è stato anche il microbo di Magdi Cristiano Allam “Io Amo l’Italia” (ipse dixit) e se andassimo a spulciare fra i partiti degli altri paesi troveremmo anche esempi peggiori, in gran quantità vista la crescita delle forze politiche populiste in tutto il continente. 

E’ con questi personaggi che il M5S si trova a proprio agio? 

Fa così schifo far parte di un gruppo in cui si decide in modo collegiale e serio, come ad esempio quello dei Verdi (come suggerisce anche Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di sabato 31 maggio), abituandosi al concetto di democrazia rispetto a quello di indipendenza e all’idea di essere estromessi quando non si rispettano le regole decise da tutti?

Forse chi guida il M5S ambisce a stare in mezzo a urlatori e provocatori, è quello il suo habitat naturale? Spero di no.

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