(di Paolo Margari)
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Charb, direttore di Charlie Hebdo, ucciso insieme a 11 persone nel vile atto di terrorismo islamico compiuto a Parigi il 7 gennaio 2015.
Immaginiamo il terrorismo come un mezzo di trasporto che conduce verso determinate mete. Come ogni mezzo di trasporto, dopo che è stato costruito e dopo che ha trovato i suoi conducenti, è necessario alimentarlo altrimenti resta lì fermo, o comunque con le risorse di chi lo ha costruito non può andare molto lontano.
Così, in più occasioni, sono intervenute forze esterne ad alimentarlo, perché il suo delittuoso viaggio fosse portato a compimento, producendo un fragoroso botto e ancora più fragorosi strascichi che poi sono la ragione per cui il mezzo stesso è stato concepito.
Per questo, quando un viaggio di questo tipo viene portato a termine, c’è da chiedersi chi lo abbia alimentato in tutto o in gran parte.
Se da un lato preoccupano i presunti mandanti noti, dall’altro dovrebbero fare ancora più paura quelli ignoti (come le loro madri), che pur non condividendo lo scopo dei mandanti originali, ambiscono a quel gran fragore che riesce a distrarre da qualcosa di tetro che sta per presentarsi.
Il fragore genera disorientamento, fastidio, terrore nella popolazione, che eccezionalmente non bada più alla propria quotidianità ma invoca silenzio. Questo garantisce molteplici vantaggi agli ignoti benzinai:
- distrarre la popolazione grazie a nuovi profondi framing già sperimentati con successo in forme analoghe;
- produce consenso intorno a missioni vendicative o quantomeno che tendano a rassicurarla;
- sul piano politico-culturale (quindi economico), riafferma il primato dei propri valori (talora in calo) e crea o rafforza l’inimicizia verso gruppi di popolazione che in realtà non provano alcun disprezzo reciproco e vorrebbero solo vivere uno spazio comune di pace e prosperità;
- spaventare gli organi di stampa, in particolare i più ostili o non ancora asserviti al potere.
E’ necessario creare o rafforzare i nemici per garantire la sopravvivenza dei luoghi, soprattutto quelli artificiali costituiti non da legami culturali ma di altra natura (ad esempio spazi di libero scambio per alcune risorse). I luoghi autentici non hanno bisogno di nemici, perché sono tenuti in vita dalla forza della propria cultura identitaria. Viceversa, i luoghi artificiali hanno bisogno di feroci campagne che li facciano apparire come gli unici lidi sicuri, divulgatori di presunta civiltà che a ben vedere si presenta come un enorme marasma burocratico creato ad arte con lo scopo di rendere praticamente vani i frutti della democrazia, concetto teorico al pari di una divinità.
Pensiamo ad esempio all’attuale situazione europea:
- si vive una situazione economica negativa che perdura da anni e dalle prospettive non certo rosee: quattro colpi possono mettere a tacere 400 licenziamenti;
- l’entità transnazionale economico-monetaria (quindi politica) legata per mere circostanze geografiche al vecchio continente vive una crisi di identità più profonda che mai: il nemico non è uno stato o una coalizione di stati, ma una “coalizione del terrore” transnazionale;
- non si sta combattendo alcuna guerra “gestibile” che possa garantire risorse finanziarie in condizioni che favoriscano celerità e corruzione, viste le circostanze di segretezza ed emergenza.
Le guerre non si combattono sempre a casa di altri, ma anche in casa propria. In casa risultano più comode ma non costano meno alla popolazione la quale, senza volerlo né saperlo, diviene fonte di alimentazione della macchina del terrore. Anche cambiando pilota, tante macchine da decenni viaggiano impazzite in ogni angolo del mondo, ma fanno paura solo quando vanno a fracassarsi dietro casa.
Troppi elementi fanno credere che qualche occhio governativo quantomeno sapeva cosa stesse per accadere, per non osare oltre immaginando che abbia astutamente armato quelle braccia. Non sarebbe la prima volta nella storia (recente). A pensar male…
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Charb in occasione del ventennale di Charlie Hebdo.
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